Interview with Franco Grillini

Monday 16 January 2023

Franco Grillini was born in Pianoro near Bologna in 1955. He was an activist in the group “Circolo 28 giugno,” co-founder and later president of Arcigay, and co-founder of Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS (Lila).


Franco Grillini: [00:00:28] Allora ti dicevo dovresti intervistare Marco Barbieri, che è stato presidente del Cassero e ha lavorato in prima linea al consultorio nel momento centrale della questione Aids a cavallo degli anni ‘80 e ‘90. E soprattutto è stato protagonista della gestione di un evento molto particolare che era il numero verde. Cos’è il numero verde? Erano quei numeri che si facevano—adesso in Italia iniziano tutti con 800—e allora erano i primissimi in assoluto. E ci venne l’idea di fare il numero verde dell’Arcigay nazionale. I numeri verdi a quel tempo erano molto pochi, per cui venivano messi negli elenchi del telefono cartacei che adesso non esistono più perché erano volumi molto grandi, anche molto pesanti. Si facevano in tutta Europa, non solo in Italia, credo anche negli Stati Uniti.

Siccome i numeri verdi erano pochi, tutti i numeri verdi italiani venivano messi all’inizio dell’elenco del telefono. E siccome Arcigay inizia con l’A ed erano per ordine alfabetico, Arcigay era in prima pagina. Quindi praticamente noi arrivammo nelle case di 60 milioni di italiani con il numero verde. E si scoprì che l’elenco del telefono era il libro più letto degli italiani, per cui fu una vicenda straordinaria, un vero e proprio assalto all’arma bianca al telefono dell’Arcigay. Funzionava ventiquattr’ore su 24 e chiamavano in continuazione anche alle 5 del mattino.

Rachel Love: [00:02:29] In che anni siamo?

Franco Grillini: [00:02:31] A cavallo tra anni ‘80 e ‘90, quando c’era il maggior numero di morti per Aids. Ovviamente molti telefonavano per problemi connessi alla propria identità, alla psicologia, alla propria sofferenza, alla propria solitudine, al conflitto coi genitori, al conflitto nei luoghi di lavoro, all’accettazione della propria omosessualità. Quindi era un po’ a partire da un telefono che era stato messo essenzialmente come telefono di informazioni sull’Aids e di assistenza al telefono che svolgeva una funzione generale di counseling. E il successo fu enorme per queste condizioni eccezionali che ti dicevo prima, essere nella prima pagina, quello che si chiamava avanti elenco. Appena aprivi l’elenco del telefono, trovavi Arcigay. Essere in tutte le case degli italiani, questo faceva sì che tra l’altro l’Arcigay venisse percepita come un’organizzazione disponibile per chiunque avesse bisogno e per chiunque avesse intenzione di chiedere informazioni sull’Aids o sulla propria vita, sulla propria identità. L’idea venne dal mio collaboratore, che si chiama Roberto Dartenuc, perché sia io che lui eravamo e siamo amanti delle novità tecnologiche. E il Telefono Verde era di sicuro una novità tecnologica molto rilevante per quel periodo, perché i telefoni erano telefoni che stavano sul tavolo. E si stava facendo proprio in quel momento il passaggio tra il telefono a rondella, cioè quello dove dovevi infilare il dito per fare il numero al telefono a tasti numerici. E questo Telefono Verde fu un’autentica rivoluzione, ma per tutta l’Italia. Ebbe un impatto molto, molto, molto forte e ci permise di fare una straordinaria campagna di informazione e prevenzione sull’Aids. Io non so se vicende analoghe sono successe negli altri paesi, ma da noi ebbe per tre anni—finché i costi diventarono insostenibili perché come sai, il Telefono Verde lo paga chi riceve, non lo paga chi chiama. Secondo me tecnologicamente avrebbero dovuto mettere un meccanismo per cui la persona che chiamava magari pagava la telefonata perché pagare tre telefonate facile, pagarne centinaia, migliaia è diventato insostenibile.

Rachel Love: [00:05:37] Ci voleva un finanziamento dallo Stato.

Franco Grillini: [00:05:39]Ci voleva un finanziamento che non arrivava. E poi lo Stato, nel frattempo, finalmente aveva deciso di occuparsi di Aids e aveva istituito il suo telefono verde centrale e non voleva finanziare altri telefoni verdi che non fosse quello dello Stato. Si può discutere se questa era una scelta giusta o meno. Sta di fatto che non ci finanziava nessuno. Arrivò a un certo punto un piccolo finanziamento dalla Regione Emilia-Romagna, ma non fu sufficiente per continuare a portare avanti questa esperienza, perché avremmo avuto bisogno di persone esperte che stavano al telefono 24 ore su 24, a tempo pieno. È un finanziamento molto rilevante perché il costo di quella della bolletta telefonica era diventata esorbitante. C’era ancora la lira, si parla di alcuni milioni ogni mese, e quindi era diventato assolutamente non più sostenibile. Allora, limitammo il telefono solo al giorno e non più alla notte, chi telefonava di notte trovava una segreteria telefonica, ma costava anche la segreteria telefonica, perché comunque era una telefonata a nostro carico quello che facevano. Per cui togliemmo la segreteria telefonica di notte. Poi limitammo le chiamate di giorno. Poi decidemmo di chiudere perché non ce la faceva più a pagare. Però fu un vero peccato, perché questa esperienza avrebbe potuto proseguire almeno per altri tre, quattro anni.

Nel frattempo erano venuti fuori altri strumenti tecnologici. Erano stati messi in commercio i telefonini. Io sono uno dei primi 2000 italiani ad aver acquistato il telefonino, il telefono portatile che era un Motorola di un chilo e mezzo, nel settembre del ’90. Il numero di allora ce l’ho ancora, lo uso per il tablet perché sono affezionato al fatto che io da 32 anni ho il cellulare. Ho conosciuto anche il signore che ha fatto la prima telefonata al cellulare, perché con la Fondazione Marconi di Bologna—Marconi, che è quello che ha scoperto le onde radio, che le ha messo a disposizione, che all’origine di tutta la comunicazione moderna. E la Fondazione Marconi invitò questo signore che è ancora in vita, ha 85 anni, quindi ci siamo anche conosciuti e gli ho detto, gli ho fatto vedere una foto dove avevo il telefonino che aveva usato lui. E quello che ha coordinato e gestito questo servizio e questa vicenda straordinaria—su cui secondo me esistono dei report al Centro Documentazione [Flavia Madaschi], però bisogna sapere dove cercarli—si chiama Marco Barbieri e sta a Roma.

Rachel Love: [00:08:37] Ok.

Franco Grillini: [00:08:38] Tipo dire questo assalto—noi lo chiamiamo assalto alla diligenza, con una figura da film western che è una metafora molto usata in Italia quando c’è una cosa che ha un successo clamoroso—e secondo me lui è in grado di raccontare bene quello che è successo perché il servizio è stato gestito da lui, Marco Barbieri.

Rachel Love: [00:09:02] Testimonia alla mancanza di risorse anche per persone LGBTQ+.

Franco Grillini: [00:09:11] Risorse anche umane, perché è un servizio molto delicato, utilissimo ma molto delicato, che richiedeva competenze di un certo tipo per stare al telefono, per dire le cose giuste. Perché non puoi sbagliare quando ti chiama una persona che sta male. Devi saper interloquire con questa persona. Noi, per esempio, avevamo in quel periodo un alto livello di suicidi. E secondo me grazie a questa esperienza del Telefono Verde abbiamo evitato molti suicidi, soprattutto di persone che si scoprivano sieropositive. C’era un alto tasso di suicidi tra persone sieropositive perché non sopportavano l’idea di aver preso una malattia mortale. Perché a quel tempo, se il tuo corpo non teneva a bada il virus da solo, non c’era nessuna medicina in grado di farlo. Perché anche l’AZT, che comparve nel ’92, se non sbaglio, ’91, ’92, si è poi rivelata inefficace perché il virus si adatta, come è noto. E quindi diventava addirittura inefficace e controproducente. E l’AZT è usata ancora adesso, ma in cocktail di farmaci. E non c’erano farmaci, per cui si moriva, per cui molti prendevano la scoperta della propria sieropositività come una sentenza di morte. Ma non era vero perché alcuni si ammalavano rapidamente e morivano dopo qualche tempo, ma fortunatamente la maggior parte è ancora viva.

Rachel Love: [00:10:50] Con questa disperazione c’ anche la disperazione di un doppio stigma, se sei anche gay.

Franco Grillini: [00:10:59] Certo. Addirittura in alcuni casi, quando la malattia diventava evidente e quando la malattia ti portava all’ospedale, l’ospedalizzazione inevitabilmente era il momento in cui dovevi dirlo alla famiglia, perché tu sparivi, andavi in ospedale e la famiglia doveva sapere perché. Quindi, in moltissimi casi a cui ho assistito anche personalmente, c’era la doppia rivelazione della sieropositività e dell’omosessualità. In alcuni casi alla famiglia dava più fastidio l’omosessualità della sieropositività.

Rachel Love: [00:11:39] Dunque un momento, quando stai male, già estremamente pesante, difficile da gestire.

Franco Grillini: [00:11:46] Certo, certo,

Rachel Love: [00:11:47] Vorrei parlare di qualcosa che mi ha colpito nel film, cambiando un po’ il discorso.

Franco Grillini: [00:11:59] Il film è ispirato al mio libro che si chiama Ecce Homo, che non ti ho dato.

Rachel Love: [00:12:07] Ho visto che esiste però non ce l’ho.

Franco Grillini: [00:12:09] Te ne posso dare una copia. Ti ricordi io te la do subito per non dimenticarci?

Rachel Love: [00:12:16] Mi ricordo. Mi ha colpito molto la presenza di New York, poi ho visto anche hai il capello degli Yankees.

Franco Grillini: [00:12:26] L’ho comprato a New York, dopo di che lo vendevano in Italia su Amazon a metà prezzo.

Rachel Love: [00:12:34] Ma è quello genuino! Ma potresti parlare un po’ del tuo rapporto con New York o con gli Stati Uniti?

Franco Grillini: [00:12:45] Ma il mio rapporto con gli Stati Uniti è sempre stato molto intenso, anche se a distanza, perché la prima volta che ho messo piede negli Stati Uniti è stato nel giugno del ’19, in occasione della celebrazione del 50º anniversario di Stonewall.

Rachel Love: [00:13:03] Che era ripreso nel film.

Franco Grillini: [00:13:05] Che è ripreso nel film a lungo. Il film inizia con New York e finisce con New York. E secondo me è giusto che sia così, perché quando è iniziato il progetto del film, a cui io sono molto legato, perché il film è venuto molto bene, come hai potuto vedere, è un bel film, un documentario fatto bene. Tra l’altro un documentario che ha una sua originalità perché in genere i documentari sono fatte di testimonianze di persone che ti conoscono e che parlano di te. Invece lì non c’è nulla di tutto questo, c’è solo la mia presenza, il mio racconto, e con la ripresa di tutti i luoghi della mia vita. E New York, era inevitabile andare a New York. Il produttore ci ha messo a disposizione i mezzi per andare a New York, quindi siamo andati in quattro persone. Eravamo io il produttore, un caro amico, il regista che compare nel film mentre spinge la carrozzina. A quel tempo io stavo peggio di adesso con la salute, non ero in grado di camminare e quindi dovevo essere accudito in carrozzina e quindi ci doveva essere più di una persona. E quindi è stato un viaggio non difficile perché con tante persone che mi aiutavano non è stato difficile. Ed è stato entusiasmante perché per tutta la vita io mi ero rifatto all’esperienza americana in termini di movimento, in termini di punto di riferimento, in termini di storia. Stonewall, appunto, ma non solo. Noi conoscevamo bene la storia del movimento LGBT americano, conoscevamo bene la questione Aids che è esplosa negli Stati Uniti, è stata scoperta per la prima volta negli Stati Uniti. Ti consiglio il bel libro di Mirko Grmeck, storico della medicina, che ha la storia dell’Aids che racconta molto bene qual è stato il motivo della scoperta del virus.

Rachel Love: [00:15:24] E c’era l’impressione che fosse un problema straniero ai tempi?

Franco Grillini: [00:15:30]Ai tempi sì, che fosse un problema esclusivamente americano che non riguardasse l’Italia. E addirittura c’erano quelli che parlavano di complotto. Alcuni dirigenti del movimento gay italiano dicevano che era un complotto della CIA per stroncare le nascenti lotte per la libertà delle persone LGBT. Tieni conto che loro non si usava il termine LGBT, ma si usava solo il termine gay. Neanche il termine lesbica, gay era proprio un termine onnicomprensivo. Quindi la CIA voleva colpire le lotte LGBT. Però era una bugia. Adesso ci sono le conoscenze per costruire un virus in laboratorio, ma allora no, non c’erano le conoscenze per un complotto di questo tipo. E sappiamo tutti che anche gli scienziati e tutti gli organismi statali americani rimasero molto sorpresi dall’emergere di questa malattia che esisteva anche prima, come tutte le malattie, le malattie sono sempre preesistenti al loro esplodere. E questa malattia esplose perché a un certo punto erano maturate tutte le condizioni per farla esplodere a livello planetario, un po’ come il Covid. E secondo me ci sono molte analogie tra la questione Aids e la questione del Covid. La grossa differenza che il Covid si trasmette a tutti, potenzialmente, con l’aria, con le goccioline di Flugge, l’Aids si trasmette solo in determinate condizioni, come sappiamo, rapporti sessuali non protetti, l’uso di siringhe infette per via endovenosa, soprattutto per le persone tossicodipendenti, ma anche con le trasfusioni di sangue infetto. L’Italia ha deciso l’obbligo di testare tutte le sacche di sangue solo quattro anni più tardi rispetto a Francia, a Germania, Inghilterra, se non sbaglio nell’88. E quindi tuttora sta pagando i risarcimenti per non aver fatto il proprio dovere alle persone che si sono infettate con le trasfusioni di sangue.

E anche oggi non si può escludere al 100% il rischio di trasmissione dell’HIV attraverso una trasfusione. Ci sono tutta una serie di cautele che vengono osservate, ma al 100% non si può escludere. Però le cautele che vengono usate adesso non venivano usate allora. E poi da madre a figlio durante il parto. Anche questo problema è stato quasi risolto con il parto cesareo, perché si è visto che la placenta protegge dalla trasmissione dell’HIV. E quindi si conoscevano i fattori di rischio molto bene a un certo punto. E qui sorge una cosa che dico quasi solo io e non capisco perché lo dico solo io. Cioè l’Oms [World Health Organization] ha tuttora un sistema di classificazione dell’Aids sbagliato. Perché l’Aids ha una tassonomia, come si dice in Italia, con un termine che non viene molto usato, un termine scientifico, statistico-scientifico, una classificazione. C’è una tassonomia sbagliata perché inizia facendo l’elenco dei gruppi a rischio. Intanto io ho sempre contestato il concetto di gruppo a rischio. Non esistono gruppi a rischio. Esistono pratiche a rischio. Il concetto di gruppo rischio che in qualche caso viene utilizzato tuttora (per esempio nella campagna contro il Monkeypox) e che sta alla base delle norme che escludevano gli omosessuali dalla donazione di sangue, norma a cui ci siamo fieramente opposti in Italia, opposti fino a che non l’hanno introdotta, e poi siamo riusciti a farla cancellare dall’allora ministro della Sanità Umberto Veronesi, col quale avevamo una cara amicizia, fondatore dello IEO [Istituto Europeo di Oncologia], grande oncologo che è deceduto qualche anno fa, e al quale io chiesi di togliere questo divieto e lui lo cancellò, con un decreto del ministero.

Rachel Love: [00:20:27] Quand’era?

Franco Grillini: [00:20:29]Questo è avvenuto nel 2001, aprile 2001. Io la considero una grande vittoria del movimento gay italiano. Questa idea sbagliata, stupida, razzista, questo errore scientifico di considerare una malattia per gruppi a rischio e non per pratiche a rischio ha portato a una taxonomy dell’Oms—che secondo me è ancora in vigore, non l’hanno ancora cambiata, e poi, ti ripeto, è un problema che pongo solo io. Quindi non so perché. Non mi risulta che da altre parti del mondo abbiano posto questo problema. Perché questa classificazione inizia con omosessuali. Stop. Cioè gli omosessuali sono a rischio in quanto tali, non dice neanche omosessuali maschili. Omosessuali e basta. Mentre noi sappiamo per l’omosessualità femminile la questione HIV è quasi irrilevante. L’HIV, per quanto riguarda gli omosessuali, è una questione pressoché esclusivamente maschile. I maschi che fanno sesso con altri maschi. Adesso è stata introdotta questa sigla MSM: Men who have sex with men, quindi MSM, che secondo me è molto corretta perché non necessariamente i maschi che fanno sesso con altri maschi s’identificano come omosessuali. Possono essere bisessuali. Possono essere persone sposate. Possono essere qualsiasi cosa. E quindi non necessariamente avere un’identità di carattere psicologico che si riferisce all’omosessualità o perlomeno esserne consapevoli. A volte le persone fanno sesso senza neanche sapere quello che stanno facendo, perché prevale il pregiudizio interiorizzato e l’omofobia interiorizzata. Quindi inizia questa tassonomia con omosessualità. Poi omosessuali più tossicodipendenti. Come se non ci fossero eterosessuali più tossicodipendenza.

È noto che tra i tossicodipendenti, gli eterosessuali prevalgono di gran lunga. La tossicodipendenza nelle persone omosessuali è relativamente bassa, proporzionalmente rispetto agli etero, la tossicodipendenza con l’uso di sostanze per via endovena. Tra alcuni omosessuali maschi c’è un altro tipo di tossicodipendenza nell’uso di alcuni eccitanti sessuali come il popper e nelle feste private che ha portato a studiare il problema del chem sex. Il problema del chem sex è ovviamente in relazione alla prevenzione e all’HIV. Perché è chiaro che quando tu sei sotto l’effetto di sostanze stupefacenti non hai più il controllo di quello che fai e quindi non c’è l’attenzione a non fare pratica rischio, usare preservativo, eccetera eccetera. Quindi questa questione del chem sex è stato studiato, sono stati fatti dei convegni, sono stati scritti degli articoli, dei libri, e c’è per esempio un’organizzazione bolognese che si chiama Plus, che non so se tu hai intervistato, presieduta Sandro Mattioli, che si occupa molto intensamente anche di questo problema. E poi gli eterosessuali come sono classificati? Come contatto eterosessuale, cioè gli eterosessuali hanno contatti ma non sono identificati come gruppo a rischio in quanto tali. Sbagliando, perché la grande maggioranza degli infettati è eterosessuale, perché tossicodipendenti in maggioranza sono etero. Perché la maggioranza che sia infettato è eterosessuale anche nel mondo, l’Aids parte dall’Africa ed ha un’appartenenza esclusivamente eterosessuale. E quindi è stupido fare questa classificazione.

Rachel Love: [00:25:00] Perché accresce lo stigma e poi le persone eterosessuali non si fanno controllare.

Franco Grillini: [00:25:07] Esatto. Esatto. È sbagliato scientificamente, accresce lo stigma, produce razzismo e non aiuta a fare prevenzione e informazione corretta. Quindi va cambiata questa tassonomia.

Rachel Love: [00:25:23] È dagli anni 80 che si fa questo discorso.

Franco Grillini: [00:25:26] Siamo fermi lì. Dopo 40 anni siamo fermi lì. Io lo trovo pazzesco, incredibile e stupefacente. Tra l’altro l’Aids è l’unica malattia che si definisce per chi la prende e non per come si prende. Se noi avessimo cominciato quarant’anni fa a dire che l’HIV si contagia per rapporti sessuali non protetti, si contagia da madre a figlio durante il parto, quindi bisogna fare il taglio cesareo, si contagia con le trasfusioni e quindi bisogna controllare ogni sacca di sangue in modo corretto e scientificamente rilevante, e i tossicodipendenti devono usare solo siringhe pulite. Una cosa che mi ha scioccato durante il mio viaggio in America è che per avere una siringa bisogna fare la ricetta medica. Non ti danno le siringhe se non hai la ricetta medica. Qui in Italia, una volta tanto, siamo più avanti degli Stati Uniti. Perché in Italia le siringhe te le danno in farmacia senza bisogno di ricetta medica. Si comprano tranquillamente al supermercato. E secondo me questa cosa ha favorito moltissimo la riduzione drastica della sieropositività tra le persone tossicodipendenti.

Rachel Love: [00:26:56] Infatti negli Stati Uniti c’è sempre tantissima fatica a parlare di riduzione del danno quando si parla di droga.

Franco Grillini: [00:27:07] Sì, perché i conservatori sostengono che se tu gli dai la siringa pulita ne incentivi l’uso. Come in Italia i moralisti, lo si dice anche nel mio film, se ti ricordi, dicono che distribuire preservativi incentiva la promiscuità sessuale.  Noi siamo stati l’unico gruppo nel mondo a distribuire preservativi per strada. Noi i preservativi li davamo alla popolazione. Persino ACT UP non ha fatto questa cosa. Io mi sono guardato tutta la storia di ACT UP, l’ho seguita fin dall’inizio. Poi ho  fatto la prefazione al libro di Larry Kramer, la traduzione italiana di A Normal Heart. E neanche loro hanno distribuito preservativi alla popolazione, probabilmente perché rimane un oggetto costoso, inteso come oggetto di massa. Se tu devi comprare milioni milioni di pezzi costano molto. E noi per poterlo fare abbiamo dovuto fare una specie di contrabbando con San Marino comprandoli direttamente dalla Tailandia.  Io lo racconto nel film e nel libro, soprattutto, nel libro c’è un capitolo “Aids e strage di Stato”. Perché io accuso lo Stato italiano di aver avuto la responsabilità di quello che è successo. Perché l’Italia all’inizio della pandemia l’Italia era al 14º posto in Europa. Dopodiché siamo arrivati rapidamente al terzo, dietro Germania, Francia, Inghilterra, al 4º. Perché non facevano niente. Quindi in Italia, se ci fosse stata un’azione decisa, avremmo potuto risparmiare molte vite umane e molta sofferenza.

Rachel Love: [00:28:49] Cosa spiega questo?

Franco Grillini: [00:28:52] Il moralismo. Perché il partito al potere era democristiano, legato al Vaticano. E ipocrita. Perché facevano i moralisti sessuali, poi facevano di tutto nella loro vita privata. Questo si sa che succede sempre. Ma non si doveva parlare di sesso. Nella televisione italiana era vietato parlare di sesso. Fino all’avvento dell’Aids, dopo sono stati costretti a parlare anche di sesso. Perché l’Aids veniva identificata esclusivamente come malattia a trasmissione sessuale, anche lì sbagliando, perché lo è principalmente, ma solo quella non protetta. Ed è  successo un fenomeno incredibile per cui fino all’84 la televisione italiana e i media non parlavano per niente di Aids. Mentre invece da altre parti se ne parlava già parecchio. Quand’è che si comincia? Quand’è che i media italiani scoprono l’Aids? Per la prima volta nell’83 in occasione del campeggio di Porto Sant’Elpidio, il Gay Camp, che era organizzato dalla rivista Babilonia, che ora  non è più in edicola e i cui direttori  sono ancora in grado di raccontare questa bella storia. In occasione di quel campeggio, io stavo in un bungalow, e le lavanderie locali, le laundrette della costiera marchigiana, si rifiutavano di lavarci le lenzuola e le coperte. E noi dicemmo, “Ce le compriamo nuove,”  Ho ancora la coperta del 1983 che comprai perché di notte era freddo. È un reperto archeologico di un’epoca disgraziata, dove vigeva l’identificazione tra omosessuali e Aids.

Rachel Love: [00:31:19] Ma voi capivate già il ragionamento delle lavanderie?

Franco Grillini: [00:31:26]Noi capivamo che c’era dall’America una malattia che colpiva particolarmente i maschi omosessuali. Non ragionavamo neanche se colpisse anche le donne omosessuali. Però era una cosa lontana. Era in America, non era qua. E in effetti il picco arriva anni dopo, rispetto alla scoperta degli Stati Uniti, che è del 1981, come tu sai. Nel ’21 si è celebrato il 40º anniversario della scoperta di questa malattia. Poi il virus è stato isolato nell’83, adesso non mi ricordo esattamente la data, da Luc Montagner, anzi da una sua collaboratrice, non da lui. Il Nobel glielo hanno attribuito nel 2008 per questa scoperta. E poi per stabilire chi l’aveva effettivamente scoperto, ci volle l’incontro tra il presidente americano e quello francese, tra Clinton e Mitterrand, lo sai no? La politica si mise d’accordo. Ma il virus era stato isolato all’Istituto Pasteur di Parigi, comunque queste sono cose note, inutile che lo ribadiamo. Il punto è che noi vedevamo questa cosa come lontana e il picco di casi, infatti, arriva dopo, l’interesse mediatico anche, perché quell’episodio di Porto Sant’Elpidio dell’agosto dell’83 è un episodio che ebbe un rilievo a livello locale, non a livello nazionale. Invece noi facemmo un altro campeggiano nell’84, dove non si parlò per niente di questa malattia, per nulla. Nessuno ebbe niente da ridire. In Puglia a Rodi Garganico. E nell’84 si cominciava a leggere qualche articolo sulla stampa italiana, però interna, mai in prima pagina. Quand’è che scoppia la questione mediatica vera in Italia, l’interesse di tutti i giornali? Nel 1985, in occasione di un campeggio organizzato come Arcigay. A quel tempo  ero segretario nazionale dell’Arcigay, a Rocca Imperiale in Calabria, sullo Ionio. E lì, il 19 agosto, Repubblica pubblicò un mio editoriale che è a disposizione nell’ archivio online di Repubblica.

19 agosto 1985 quindi Repubblica pubblica un mio editoriale sulla questione Aids, dove scrivo le cose che ti sto dicendo adesso. E in quel giorno il sindaco di questo piccolo comune della provincia di Cosenza, in Calabria, emette una delibera che chiude il campeggio accusandoci di essere portatori di tutte le malattie infettive del pianeta che lui elencò una per una. E io telefonai al Ministero degli Interni dicendo, “Non è possibile che succeda una cosa di questo tipo, perché noi siamo un’organizzazione legale. Il campeggio è iniziativa privata, entrano solo gli iscritti, e quindi lui non può legalmente imporre il divieto.” Questa mia telefonata ha successo perché il ministero telefonò al prefetto di Cosenza il quale a sua volta chiamò il sindaco e gli fece ritirare la delibera di chiusura del campeggio. E noi il 21 agosto aprimmo il gay camp. Ma ormai si era creato lo scandalo e la stampa nazionale era informata. Anche perché la informavano anche noi, e noi aprimmo il campeggio di fronte all’intera stampa nazionale italiana. C’erano tutti, tutte le testate giornalistiche, tutti i media, tutte le TV. Quindi noi avemmo un gigantesco impatto. Eravamo in pochi, circa 150. Non era un campeggio di massa. Però è lì che esplose la questione Aids per l’Italia. Poi sai che in estate i media non hanno molto da scrivere. Non succedono di solito fatti eclatanti. Noi eravamo diventati la notizia principale. Addirittura la principale testata giornalistica italiana che era il Corriere della Sera, che allora era gestita da una nobildonna, Anna Maria Crespi, mandò l’inviato speciale che arrivò con un’auto con autista tutto vestita di blu con cravatta e c’erano 40 gradi. E tutte le mattine per 21 giorni noi aprivamo il campeggio con una conferenza stampa. Lì partì l’interesse dei media per l’Aids in Italia.

Rachel Love: [00:37:15] E si parlava già di prevenzione? Di cosa parlavate a queste conferenze?

Franco Grillini: [00:37:23] È chiaro che noi spingiamo il tasto sul discorso della prevenzione perché non c’era cura, quindi la prevenzione era l’unica arma vera che avevamo. E l’attenzione sui rapporti a rischio. E sull’uso del preservativo. Abbiamo spinto moltissimo perché in Italia avevamo a che fare col moralismo e la sessuofobia della Chiesa cattolica. Siccome il partito al potere era di impronta cattolica, si chiamava Democrazia Cristiana, un partito che non esiste più, è chiaro che era tutto difficilissimo. Perché assieme al moralismo, alla sessuofobia, c’era l’ipocrisia, cioè tutti facevano sesso lo stesso, ma lo facevano di nascosto e quindi non si poteva parlare di prevenzione perché altrimenti venivamo accusati di incentivare il consumismo sessuale che in Italia aveva un nome che è stato una vera e propria maledizione, questo nome, questa parola, che era promiscuità  messa sul banco degli accusati. E la promiscuità era il grande nemico che veniva indicato sulla diffusione HIV. Ma era sbagliato perché le persone devono essere libere di fare sesso come vogliono, quanto vogliono e come credono. Dobbiamo informarle che il sesso si può fare anche in maniera promiscua, purché con un po’ di attenzione per evitare la trasmissione delle malattie. Questo era il punto. Non quante volte le persone facevano sesso, ma come lo facevano. Quindi iniziò una guerra senza quartiere, una guerra all’ultimo sangue con il Vaticano, con i partiti al potere che erano sessuofobi ipocriti e anche con l’informazione, perché alle volte contestavamo il modo con cui veniva data l’informazione, si parlava di gruppi a rischio e noi contestavano il concetto di gruppi a rischio.

Si parlava di colpevoli, ma non ci sono colpevoli di una malattia, ci sono solo vittime. Il senso di colpa è molto connaturato alla religione cattolica, la quale si basa sul senso di colpa, sul peccato originale, e quindi figurati, era tutta una colpa. Colpa degli omosessuali, colpa dei tossicodipendenti. Era la malattia, come si diceva in un linguaggio da bar, “dei froci, delle puttane e dei drogati”. Questo era il discorso. Purtroppo è stata questa idea della malattia legata solo ai soli gruppi a rischio. È stata così forte, così potente, così diffusa, così pervasiva che è rimasta a tutt’oggi. Cioè la gente comune è ancora convinto che sia così. E prova ne sia che i giovani eterosessuali non hanno nessuna precauzione, al 90% non usano il preservativo. I giovani e giovanissimi adesso ignorano il pericolo HIV perché purtroppo tra la tassonomia sbagliata dell’Oms, ripresa da tutte le organizzazioni sanitarie internazionali, compreso il nostro Istituto Superiore di Sanità, è rimasta quella. Gruppi a rischio. Siamo ancora lì. E per di più è stata anche ripresa a preposito della diffusione del virus Monkeypox.

Rachel Love: [00:41:09] Poi ho sentito molto quando racconto alle persone il lavoro che sto facendo, la risposta dalla persona media, “Ah, ma c’è ancora l’HIV in Italia?” Questa idea che la crisi sia finita.

Franco Grillini: [00:41:27] Oppure c’è l’idea che i medicinali ormai hanno risolto il problema, che non è vero. I medicinali sono importanti perché hanno consentito la sopravvivenza di un gran numero di persone per molti anni, ma non è risolta. E anche convivere con una malattia cronica è molto problematico. Io convivo con un tumore cronico, so che è molto problematico.

Rachel Love: [00:41:51] Poi se le persone non fanno il test, non si fanno controllare perché non pensano di essere a rischio, poi può diventare una cosa più pesante.

Franco Grillini: [00:42:01] Il test non è più incentivato dallo Stato.

Rachel Love: [00:42:07] Tornando anche al discorso, mi cenavi che guardavi molto ai gruppi di altri paesi e anche guardavi agli Stati Uniti da una distanza prima di venire nel ’19. Potresti parlare di più di questa idea di scambio?

Franco Grillini: [00:42:27]Il gruppo con cui noi abbiamo avuto più rapporti negli anni ’80 è stata la Deutsche Aidshilfe per due motivi. Uno perché la Germania era un po’ più vicina, assieme ai gruppi di aiuto svizzero. Per esempio noi a un certo punto facemmo il camper, che finalmente ci venne finanziato dallo Stato, ti parlo del 1990-91, quindi erano già passati cinque anni dal campeggio di Rocco Imperiale. E l’idea del camper fu di una ragazza che lavorava con le organizzazioni sull’Aids della Svizzera. È una persona cara, con cui sono ancora legato da sentimenti di amicizia e di stima, che si chiama Mirella Sandonnini di Firenze, ha fatto per lungo tempo anche lei la front man nel servizio di aiuto Aids. E secondo me tu la dovresti intervistare perché lei è proprio l’esempio vivente di una persona che ha lavorato fuori dall’Italia e ha portato un’esperienza forte perché loro erano molto finanziati dalla Svizzera. E anche il Deutsche Aidshilfe era molto finanziato. Noi abbiamo sofferto per tanti anni della mancanza di qualunque finanziamento dello Stato.

Lo Stato non investiva sulle Ong. E per le ragioni che ti dicevo prima, tutte moralistiche, religiose e politiche, motivazioni che erano molto, molto meno forti in Svizzera, in Germania. Quindi, c’è già stato un rapporto con un altro paese molto intenso per questo punto di vista, diretto oltretutto. E poi con i tedeschi, perché la Deutsche Aidshilfe è stata subito molto attiva e tutti i nostri manifesti degli anni ’80, quelli che tu hai visto al Centro Documentazione, sono lì per licenza di Deutsche Aidshilfe. Perché noi non avevamo neanche i soldi per farli. Avevamo, come si dice in Italia, le pezze al culo. Eravamo un gruppo senza denaro, senza risorse, con grandissima volontà, ma senza soldi.

Rachel Love: [00:45:42] Questo è sempre Arcigay o Lila?

Franco Grillini: [00:45:43]Arcigay. Anche la Lila ha sofferto molto per mancanza di finanziamenti. Sulla nascita della Lila poi se vuoi ti dico come è nata e perché. [Visto] quei pochi soldi che avevamo anche per iniziative di autofinanziamento, [era utile] avere del materiale già fatto, fatto molto bene. Era materiale di una bellezza anche grafica stupefacente, quello della Deutsche Aidshilfe. Molto efficace. Noi li attaccavamo nei locali frequentati da gay ed addirittura qualcuno ce li chiedeva per metterseli in casa. E quindi fu una campagna molto efficace.

La vera differenza tra noi e tutti gli altri gruppi LGBT in giro per il mondo fu che noi puntammo sulla distribuzione di preservativi. Su quella vicenda abbiamo proprio un primato mondiale, perché a me risulta che siamo gli unici ad averlo fatto. Dentro i locali lo facevano tutti. Tu andavi in una sauna gay, in una discoteca gay, in un bar gay, c’era il cestino dei profilattici. Ma verso la popolazione tutta l’abbiamo fatto solo noi. Innanzitutto l’idea nasce per caso. Un giorno viene annunciata la visita a Bologna del ministro della Sanità Carlo Donat-Cattin, che era il secondo ministro democristiano di quel periodo. Il primo si chiamava Costante Degan Gasperi, quello che disse che l’Aids non era un problema per l’Italia. E con questi ministri democristiani della sanità noi abbiamo un paese che non si occupa di Aids, cioè proprio non se ne occupa. Oltretutto questa cosa è ben descritta in un gigantesco libro scritto da un militante radicale, [Aids. La grande truffa], che riporta poi tutti gli atti giudiziari degli anni successivi che ho presentato qui a Bologna anch’io, perché in questo libro compaio come persona intervistata.

L’autore ha lavorato dieci anni per scrivere questo libro. E anche Vittorio Agnoletto [ex-presidente della Lila] ha scritto una cosa ponderosa. Comunque sta di fatto che mi chiama Il Resto del Carlino, che è il giornale di Bologna, e mi dice, “Il ministro Donat-Cattin viene a Bologna. Voi cosa fate?” Io non sapevo neanche che venisse, perché a quel tempo non c’era Internet, non c’erano i social, il telefono era analogico a rondella. Il giornalista mi chiama al telefono di casa. E dico, “Ma, non sapevo neanche che venisse, io non so, faremo qualcosa. Distribuiremo un volantino, daremmo qualche preservativo. Così, proprio per dire qualcosa. Il giorno dopo mi chiama un mio amico alle 07:30 del mattino e mi dice “Franco sei su tutte le locandine delle edicole di Bologna.” Sai le locandine che sono lì, gli strilloni per quei fogli grandi che ti dicono le due notizie principali di un giornale. “Dice che darete tutti i preservativi a tutta Bologna.” Cioè il giornale aveva capito qual era la notizia e aveva deciso di pomparla. E io dissi, a sto punto dobbiamo farlo veramente.

Rachel Love: [00:50:14] Che anno era?

Franco Grillini: [00:50:17] ’87. Nel film si vede, la distribuzione, oltretutto una foto a colori. Bella foto.

Rachel Love: [00:50:25] E come l’avete fatto?

Franco Grillini: [00:50:28]A Bologna esisteva a Casalecchio di Reno, un comune confinante, l’unica fabbrica italiana di preservativi che non esiste più da anni perché è stata comprata da un fondo pensione e ha trasferito la produzione a Barcellona. Credo che non esista più neanche a Barcellona. Tu lo sai che con la globalizzazione le produzioni a basso contenuto tecnologico vengono trasferite in Cina, nel sudest asiatico. Sbagliando, perché adesso vediamo tutti i problemi che emergono con questa globalizzazione. Noi avevamo questa fabbrica, una bella fabbrica con un grande e importante centro di ricerca, quindi è stata una perdita sia per la produzione sia come centro di ricerca, perché studiavano come fare, migliorare il prodotto. Andammo a un incontro con questa fabbrica. Loro erano terrorizzati dal sovrapporre il marchio che si chiamava HATU-ICO. Perché si erano fusi con un’altra azienda che produceva siringhe, l’ICO. HATU che significa “habemus tutorum,” due parole latine che significa abbiamo una protezione. Per questa produzione  chiesero il permesso al cardinale di fare la fabbrica. Il cardinale accordò il permesso.

Nel ’29 c’era già la dittatura fascista e avevano già fatto il concordato Stato-Chiesa con regime fascista. Vaticano, fascisti. E non si potevano fare certe cose senza avere il via libera della Curia. E il cardinale di Bologna gli diede via libera, a condizione che il prodotto venisse pubblicizzato solo come protezione perché a quel tempo c’erano i bordelli legali e quindi era uno strumento usato come lotta alla sifilide, perché non c’era ancora una medicina efficace contro la sifilide. Gli antibiotici non erano ancora stati messi a punto. Quindi la sifilide era di fatto una malattia cronica. E si moriva, anche, perché al terzo stadio provoca il delirium tremens. Allora andammo a contrattare con questa fabbrica ed erano molto preoccupati della sovrapposizione tra l’Arcigay e il buon nome dell’azienda—tra questione omosessuale, Aids e il buon nome della fabbrica del loro prodotto. Quindi fu una lunga contrattazione. Alla fine ce ne diedero 2000. Ci diedero il prodotto non confezionato, ma noi non lo volevamo confezionato perché dovevamo distribuirlo uno per uno, quindi per noi era perfetto, a 200 lire l’uno, quindi ci costò 400.000 lire. Una cifra enorme per quel tempo, per noi soprattutto, che non avevamo molti finanziamenti. Però fu inevitabile accettare la proposta.

Un preservativo costava 2000 lire e a noi ce li diedero 200 lire l’uno. Ma 2000 lire era una cifra spropositata. Infatti secondo me a quel tempo la maggior parte lo usavano come anticoncezionale per evitare gravidanze. Come anticoncezionale 2000 lire potevano essere giustificate. Invece nella mentalità popolare non era giustificato una spesa così elevata per lotta alle malattie a trasmissione sessuale. Per cui c’era il problema del costo. Addirittura noi lo volevamo dare a tutta la popolazione, ma non sapevamo come sarebbe stata accolta.

Comunque arriviamo al giorno della visita del ministro a Bologna e noi ci piazziamo sotto le Due Torri, a distribuire con un volantino dove c’era scritto il perché, più il preservativo. E noi eravamo convinti che molti l’avrebbero rifiutato e si sarebbero arrabbiati. Invece successe il contrario e lo presero tutti e alla fine della manifestazione non c’era né un volantino né un preservativo per terra. Quindi fu un enorme successo. Ovviamente il giorno dopo eravamo su tutta la stampa nazionale, iniziativa di cui i media diedero notizia con grande evidenza. E il ministro ci rispose dicendo una stupidaggine, dicendo, “Io alle signore regalo le rose, non i preservativi.” E io dissi, “Le rose hanno le spine e bucano il preservativo.”

Allora lì iniziò l’avventura della nostra distribuzione dei preservativi a tutta la popolazione. E ci venne l’idea di comprarli direttamente in Tailandia, perché lì li compravamo a cinque lire l’uno. Quindi 2000 in farmacia, 200 dalla fabbrica di Bologna, cinque lire dalla Tailandia. Cosa facevamo? Li facevamo arrivare alla Repubblica di San Marino perché non si pagava la dogana. E poi facevamo contrabbando dalla Repubblica di San Marino all’Italia. Noi con il nostro camper andavamo a prendere questi giganteschi scatoloni di preservativi da un magazzino della Repubblica di San Marino. E li portavamo in Italia e facevamo distribuzione in tutte le piazze italiane.

Rachel Love: [00:57:08] Usando i camper?

Franco Grillini: [00:57:10] Con il camper. E questa distribuzione che noi facevamo faceva una notizia pazzesca, ogni volta che facevamo una distribuzione in una piazza, qualunque sia, Firenze, Milano, Roma, Napoli, Palermo, Torino ecc., ecc. A Venezia fu uno spettacolo. I media locali dettero notizia coi titoli di prima pagina.

Rachel Love: [00:57:39] Dava scandalo.

Franco Grillini: [00:57:40] Dava scandalo. Poi io feci moltissime conferenze dove il preservativo era protagonista. Andavo in giro con la valigetta che si vede nel film dove c’erano i preservativi di tutti i tipi, anche dei sex toys. E il momento clou della mia conferenza era quando lo gonfiavo. Perché c’era la polemica, ovviamente. Non avendo solidi argomenti, i clericali, i religiosi, il Vaticano, i preti, ecc., o semplicemente i partiti di destra, dicevano che il preservativo non era sicuro perché si rompeva. Allora io, per dimostrare che era una bugia, lo gonfiavo e diventava un pallone così. Dico, “Vedete fino a che punto si gonfia? Dov’è che si rompe? Io l’ho gonfiato, non sono riuscito a romperlo.” Ma quando gonfiavo un preservativo, uff! Il pubblico diceva “Ohh!” Perché era proprio una trasgressione totale. Adesso non farebbe impressione a nessuno. Ma allora era una trasgressione totale. E poi arrivavo a far lezione di come si usava il preservativo. Quindi mi presentavo con un dildo con una punta d’appoggio e poi facevo vedere come si infilava esattamente. Anche lì, “Ohh!” C’era un’espressione proprio di—Insomma, noi eravamo dei pionieri. Facevamo scandalo apposta per far parlare il più possibile, perché avevamo individuato nei media un alleato. Noi facevamo la notizia scandalo che gli serviva e loro scrivevano quello che dicevamo noi su come si faceva correttamente la prevenzione. Allora, in quei cinque anni lì lo Stato non c’era. L’Arcigay prima, poi dopo, quando viene fondata la Lila.

Rachel Love: [00:59:52] Stiamo parlando del tipo ’85.

Franco Grillini: [00:59:55] Stiamo parlando degli anni ‘80. Siamo stati un sostituto dello Stato. Al posto dello Stato c’eravamo noi. Noi eravamo lo Stato. Quello che avrebbe dovuto fare lo Stato lo facemmo noi. E eravamo così richiesti che io mi ricordo che arrivavamo a fare quattro conferenze in una giornata, ma erano conferenze con centinaia di persone.

Rachel Love: [01:00:25] E chi richiedeva queste conferenze?

Franco Grillini: [01:00:27] Tutti, ma anche le istituzioni. Noi andavamo a parlare anche negli ospedali, nelle scuole, tra gli studenti. Poi, ovviamente, con molte iniziative popolari, delle case del popolo, delle Feste de l’Unità dell’allora Partito comunista, che era il partito più grande in Italia assieme alla Democrazia Cristiana, l’ARCI, la Federazione dei Giovani Comunisti. I soggetti principali che ci aiutarono erano il Partito Giovani Comunisti—perché allora il Partito comunista aveva il 33% dei voti, era 1/3 della politica italiana—e l’ARCI. Molti dirigenti adesso del PD si ricordano che io li trascinavo a distribuire preservativi trent’anni fa. E furono talmente tante queste conferenze, talmente intense, con una tale partecipazione di pubblico che a me vennero i polipi alle corde vocali e finì sotto i ferri del chirurgo. Perché negli anni ’80 le sale non erano riscaldate d’inverno e il più delle volte non c’era l’amplificazione. L’Italia era ancora un paese relativamente povero. Quindi io mi trovavo a parlare alle volte a 500, 600, 700 persone senza amplificazione e senza riscaldamento d’inverno. E quindi le corde vocali saltarono. Ma migliaia di conferenze. Io infatti adesso vengo individuato come grande conferenziere e come grande parlatore, come grande oratore. Poi l’hai visto ieri [alla proiezione del film] come erano attenti gli studenti mentre parlavo. Non volava una mosca. Silenzio assoluto.

Rachel Love: [01:02:35] Anche per ammirazione, immagino.

Franco Grillini: [01:02:38] Sì, c’è anche questa cosa di cui ovviamente sono contento, perché nella vita meglio essere ammirato che odiato ovviamente. Ed era così anche allora. Non volava una mosca, silenzio assoluto, mentre parlavo con la mia valigetta. Adesso il mio obiettivo è ricordare la storia. Perché, come ho detto ieri, abbiamo fatto più passi avanti negli ultimi 40 anni che nei 2000 anni precedenti. Quindi è bene ricordare la storia, io sono un promoter della memoria. Allora ero un promotore dell’informazione, la prevenzione, di cui eravamo pionieri assoluti. Assoluti.

Rachel Love: [01:03:25] Ma senza questa campagna dell’ARCI e della Lila magari ci sarebbero molto più morti.

Franco Grillini: [01:03:33] Ah, non c’è dubbio. Non c’è dubbio. E anche molte persone sieropositive siamo riuscite a convincere a non fare stupidaggini, tipo suicidarsi o lasciarsi andare e non curarsi. Perché c’è anche questo fenomeno del lasciarsi andare, del non curarsi.

Rachel Love: [01:03:51] Nella mancanza di speranza o di un sostegno dalla comunità. E poi anche facendo così il discorso è che questa malattia tocca a tutti.

Franco Grillini: [01:04:10] Potenzialmente riguarda tutti, quindi è veramente un’idiozia dire, “Sono fatti loro.” Tra l’altro, mentre tra gli omosessuali la malattia riguarda solo i maschi, tra gli eterosessuali no. Anzi, le donne sono 17x più a rischio dei maschi con l’HIV, come è stato dimostrato scientificamente. Quindi veramente siamo di fronte a una stupidaggine che prosegue tuttora.

Se vuoi affrontiamo il perché io decisi di fare la Lila.

Rachel Love: [01:04:41] Sì, certo.

Franco Grillini: [01:04:43] Tra l’altro ogni tanto c’è qualcuno che mi chiama e mi dice, “Ma perché avete fatto la Lila? Non è che volevate smettere di occuparvi voi di Aids e delegare qualcun altro questo tema?” C’è un po’ in alcuni questa convinzione. Non fosse per niente così. Perché il problema [cadde] sulle misere spalle dell’Arcigay che ha le pezze al culo, non c’è un soldo, non c’è una struttura, eravamo pochi nell’apparato centrale dell’associazione, c’era poca gente, ecc. Il problema è che noi ci occupavamo di tutto, non solo della prevenzione Aids verso i gay, ma di tutto il mondo ci occupavamo, proprio per l’errore che dicevo prima, che lo Stato non c’era. Sostituiamo lo Stato. Quindi ci chiamavano le mamme con i bambini sieropositivi nei asili. Ci chiamavano addirittura le case di riposo quando ricoverarono un vecchietto sieropositivo. Addirittura alcuni reparti ospedalieri ci chiamavano per chiedere a noi cosa dovevano fare. E io dissi, “Non è possibile andare avanti così, non possiamo essere come Cristo che prende su di sé i peccati del mondo. Non ce la facciamo.” E allora io dissi, “Dobbiamo fare un’associazione che si occupa di Aids per la popolazione, mentre noi conserviamo l’attività anti-Aids per la popolazione omosessuale maschile.” E così fu. Ed ebbe successo questa idea. La Lila venne fondata, inizialmente fu gestita da Beppe Ramina, poi arrivò Don Luigi Ciotti, poi arrivò Agnoletti. Ed esiste ancora la Lila. Abbiamo celebrato i suoi trent’anni in un convegno di Siena dove hanno chiesto il mio intervento, ovviamente da fondatore, per ricordare il perché la Lila fu fondata e chi volle fondarla. Poi siamo andati a una cena e l’attuale presidente ha detto, “Tu e Beppe [Ramina] mi avete cambiato la vita.” E la cosa ebbe successo, e noi finalmente potemmo concentrare le nostre scarse forze sulla popolazione omosessuale maschile.

Rachel Love: [01:07:13] C’era anche l’idea che fosse un discorso che andava condiviso tra altri gruppi, altre organizzazioni come il Gruppo Abele?

Franco Grillini: [01:07:28] Per la Lila era più facile costruire delle alleanze anche con altri gruppi. Noi non avevamo proprio tempo per fare questo tipo di lavoro, non ce la facevamo fisicamente, economicamente e psicologicamente. Perché tra l’altro la questione psicologica per quanto riguarda l’attivismo anti-HIV era rilevante perché noi vedevamo i nostri amici morire, perché vedevamo i nostri amici infettarsi. Perché andavamo ai funerali. Io spesso ho dovuto fare le orazioni funebri. In qualche caso ho portato la bara sulle mie spalle assieme ad altre. Non lo sopporto. E oggi mi chiedo qual è stata la forza che ci ha consentito di tener duro, di sopportare questo carico di enorme sofferenza, di fare la battaglia politica insieme alla battaglia sociale, la battaglia culturale insieme alla battaglia personale psicologica. Io l’ho detto a molti amici che c’erano, con cui ho lavorato, perché io oggi non ce la farei. Se si dovessero presentare una cosa del genere io non ce la farei. Tanto adesso sono vecchio, allora ero giovane, ero animato dal sacro fuoco dell’attivismo e della militanza, ma proprio a livello di passione, quasi totalizzante. Io per trent’anni sono stato quasi un prete. Quindi probabilmente è stato quello che mi ha dato l’energia per riuscire a resistere, a reggere e avere la capacità di non soccombere psicologicamente. Perché onestamente, se io svolgo il mio sguardo all’indietro, la domanda che mi faccio è come abbiamo fatto a reggere? Come abbiamo fatto a tenere il quel fronte, quella trincea? E poi per molto tempo.

Per un po’ di tempo, arrivata la terapia nel ’96, l’interesse anche dei media si è un po’ spento, smorzato. Quindi ci sono stati alcuni anni in cui non se ne è più parlato. Dopo di che per fortuna se n’è tornata a parlare. Ma io non riuscivo più a parlarne. Non ce la facevo perché ogni volta che parlavo di quel periodo mi venivano in mente tutti i morti, tutti i funerali, tutte le persone in ospedale. Perché c’erano alcune persone che morivano improvvisamente senza cambiare l’aspetto fisico. Perché, come tu sai, la reazione a una malattia è una reazione individuale. Anche la reazione ai farmaci è individuale. Quel farmaco che per me funziona, per un altro non funziona per niente. E molti avevano una lunga agonia in ospedale. Praticamente si disfacevano, diventavano magrissime, al punto che—in Africa, per esempio, la malattia si chiama Slim disease, cioè malattia della magrezza. Molti dei miei amici sono diventati di 30 chili. Gente che magari era anche alta, grossa, che spariva, scompariva. Il corpo scompariva letteralmente. Quindi tu vedevi queste persone che si dissolvevano in un letto d’ospedale. Psicologicamente siamo riusciti a resistere in quel periodo. Adesso io proprio non sarei più in grado di farlo nelle mie condizioni. A un certo punto non ero nemmeno più capace di parlarne senza piangere, senza che mi si rompesse la voce. E quando mi chiedevano di andare a parlare gli dicevo di no perché dico, “Mi sono rotto le palle di piangere ogni volta che parlo di Aids.”

Rachel Love: [01:12:06] Di rivivere quelle esperienze.

Franco Grillini: [01:12:08] Quando tu vedi le immagini a New York, dove io stavo ancora in carrozzina, oppure riuscivo a camminare in maniera molto malferma, nel film si vede quando io metto le mani al Memorial di New York, che è bellissimo, che è stato costruito al posto del Saint Vincent Hospital. Lì vicino c’è il Gay Center. A 100 metri c’è Stonewall. Tutto lì. Il Saint Vincent Hospital è stato raso al suolo e al suo posto hanno fatto una piazza con memorial. Secondo me è stata un’iniziativa bellissima che tu vedi quando lo visiti che c’è un cartello che dice a New York ci sono stati 100.000 morti per Aids da allora fino ad oggi. Che è un’enormità. 100.000 morti è un’enormità. Una guerra. Un conflitto armato. E anche lì gli ho detto, dissi al regista e al cameraman, “Riprendetemi pure, ma lasciatemi da solo.” Perché sapevo che avrei pianto per tutto il tempo. E così è stato. Io non parlo, ma ci sono le riprese della mia visita al memorial. Una cosa che un po’ mi dispiace, sai qual è, che c’erano milioni di persone a New York per celebrare Stonewall, ma nessuno andava al Memorial. Quindi c’è anche un disinteresse delle stesse organizzazioni LGBT. Questa cosa che erano tutti attorno a Stonewall. Ma nessuno—io quando sono andato lì era un giorno di sole, un bellissimo giorno di sole. Bello, luminoso, si vede nel film, ma c’eravamo solo noi. Stonewall era a 100 metri, il Gay Center a 100 metri, ma eravamo solo noi.

Rachel Love: [01:14:19] Magari si pensa ancora a questa idea che la crisi sia finita e che adesso è tempo di svago e di Pride e di divertimento.

Franco Grillini: [01:14:31] Ho trovato più gente a Berlino a visitare il memorial lì, che un cubo di granito nero con un buco davanti quadrato dove c’è un monitor e vengono messi filmati che cambiano continuamente. È all’interno del Tiergarten di Berlino, che è un enorme parco. Di fronte, dall’altra parte della strada, c’è la piazza con i monumenti all’Olocausto. Spesso si è parlato di Aids come Olocausto, ma secondo me non si deve usare la parola olocausto se non per quel specifico fenomeno storico. Quindi io non l’ho mai usata per definire le morti di Aids. Lì c’era a gente in continuazione a questo memorial. Invece a quello di New York non c’era—solo famiglie coi bambini che si divertivano a stare sulle fontanelle di acqua, nemmeno sulla terra.

Rachel Love: [01:15:39] Mi dispiace questa cosa. Per questo servono le testimonianze delle persone che hanno vissuto questo periodo.

Franco Grillini: [01:15:48] Adesso sono tornato a parlarne. Ogni tanto mi si rompe la voce di commozione, però riesco a parlarne. Sono riuscito addirittura il 1º dicembre, due anni fa, ad andare al Cassero e a partecipare ad un’iniziativa del gruppo Salute del Cassero e raccontare le cose che sto raccontando a te. Perché i giovani non lo sanno. E sono passati trent’anni.

Rachel Love: [01:16:18] È stancante sempre raccontare però anche questo discorso delle emozioni e commozione serve, secondo me, perché se le persone giovani vedono il dolore che porti ancora magari capiscono un frammento dell’esperienza. Ovviamente non tutto, è impossibile capire il lutto di quegli anni, però, comunque—

Franco Grillini: [01:16:46] È un dolore irrimediabile. Lo porterò nella tomba. Non è rimediabile. Anche perché molte di quelle vite si potevano salvare.

Rachel Love: [01:17:01] Questa sensazione di essere abbandonati dallo Stato, dalla società, è una cosa pesantissima. Grazie per parlarne con me, so che non è facile.

Franco Grillini: [01:17:23] Adesso per me è più fattibile che non. Per esempio, quando io ero in ospedale con la mia malattia—che è mieloma, ho un tumore del sangue di cui ho deciso di parlare—l’ho definito il mio secondo coming out. Perché secondo me le persone, soprattutto se hanno una certa notorietà, lo devono dire perché serve agli altri pazienti come esempio. E non riuscivo a parlare proprio. Dicevo, “Guardate, non chiedetemi, per il momento non riesco.” Perché la mia condizione di fragilità mi impediva di caricarmi di questo ulteriore dolore della memoria. E sono state alcune situazioni, anche alcune televisive—perché poi qualche iniziativa di ricordo c’è, anche se c’è questo generale rilassamento sulla materia dell’Aids. Per alcuni anni se ne parlava solo il 1º dicembre. Sono passati degli anni, tipo cinque, sei anni dove dicevo non sono in grado di parlare di questa cosa. Poi pian piano ho ricominciato, e adesso vabbè. Insomma, è faticoso, doloroso. Ma insomma ne parlo perché è utile.

Rachel Love: [01:18:51] È molto utile.

Franco Grillini: [01:18:53] È utile a chi non ha conosciuto questa storia perché sa delle cose che sembrano incredibili. E delle volte mi sembra di raccontare Mosè che passa il Mar Rosso. Hai capito? A quel livello lì, di impresa pionieristica, eroica, non saprei come definirtelo. Poi la cosa positiva è che ci sono tante altre persone che questa cosa la fecero con me allora, come queste persone—Giovanni Dall’Orto, Mirella Sandonnini, Marco Barbieri—che furono bravissime. Anche l’ASA a Milano, quando venne fondata, su cinque fondatori, quattro erano iscritti all’Arcigay.

Rachel Love: [01:19:42] Infatti io ho letto Essepiù al Cassero ed è stata un’esperienza bella e anche pesante perché mi affezionavo alle persone che scrivevano gli articoli come Stefano Marcoaldi e poi—

Franco Grillini: [01:19:59] Poi sono deceduti. Siamo sempre stati molto amici io e Stefano Marcoaldi. E sono stato anche molto amico con Enrico—

Rachel Love: [01:20:09] Barzaghi.

Franco Grillini: [01:20:10] Barzaghi. Quei due sono state le persone più brillanti e più intelligenti che ci siano state in quel periodo sulla questione Aids. Andavano in TV. Stefano Marcoaldi, anche molto malato, molto debilitato, era bravissimo. Era un liberale e quindi da laico e liberale contestava le posizioni della Chiesa cattolica. Enrico Barzaghi, che sarebbe stato un cittadino comune se non fosse stato per l’Aids, diventò bravissimo e andava in televisione con tutte le macchie del sarcoma di Kaposi. Una volta me lo ricordo in TV, sembrava una maschera di Carnevale. Era proprio—sembrava la maschera di Pulcinella che è bianco e nero con puntini neri. E gli telefonai e gli dicevo, “Sembri quasi una maschera.” E lui, “Sì, mi diverto a provocare da questo punto di vista.” Pensa che se ci fosse stata la triterapia, forse Stefano Marcoaldi e Enrico Barzaghi sarebbero ancora vivi. Peccato perché erano militanti strepitosi. Strepitosi. E Barzaghi gli ho voluto particolarmente bene anche sul piano personale perché ci vedevamo a Milano con Enrico e insomma, ci incontravamo alle riunioni nazionali. Lui era una persona che ha dato un enorme contributo a quella battaglia. Perché non era mica facile dire di essere gay e sieropositivi. E così. Però. Così è.

Rachel Love: [01:22:04] Ci ha messo la faccia.

Franco Grillini: [01:22:04] Ci ha messo la faccia, sì. Enrico, proprio nel senso letterale del termine, butterato di sarcoma di Kaposi. È così.

Rachel Love: [01:22:13] Una lunga battaglia contro lo stigma.

Franco Grillini: [01:22:19] Che continua tuttora.

Rachel Love: [01:22:21] Sì, certo. Però con altri guerrieri.

Franco Grillini: [01:22:28] Per fortuna.

Rachel Love: [01:22:32] La lotta contro l’Aids ha anche seminato opportunità per creare, la parola che abbiamo usato ieri, intersezionalità o comunque solidarietà tra gruppi di persone che usavano la droga o persone che erano percepiti come i marginali della società?

Franco Grillini: [01:23:07] Beh, questo è stato un lavoro che ha fatto soprattutto la Lila. Perché noi da un certo punto in poi ci siamo occupati solo di gay maschi. E la Lila invece si è occupata di tutto il resto. E quindi è ovvio che c’è stato un intreccio tra attenzione ai gruppi marginali particolarmente. Perché poi le malattie colpiscano durissima soprattutto chi sta peggio. Abbiamo visto col Covid la stessa cosa. È una malattia di classe il Covid, ha colpito i più poveri e i più indifesi, alcuni più anziani, chi non aveva risorse. E così anche l’Aids. L’Aids a un certo punto è diventata la malattia del Terzo mondo. Perché adesso il mondo occidentale in qualche modo l’ha tenuto a bada. Addirittura l’Australia ha dichiarato l’uscita dalla pandemia di Aids, non so se hai visto. E quindi l’Occidente in qualche modo l’ha tamponato, non risolto ma tamponato. D’altra parte nel mondo no, continua a impazzare. In Ucraina, per esempio, il secondo paese dell’est con maggior numero di casi di Aids.

Rachel Love: [01:24:29] Infatti ho visto che si parla tanto di questo problema con la guerra.

Franco Grillini: [01:24:34] Molti dicono che le malattie in Ucraina hanno ucciso più della guerra perché hanno di nuovo una epidemia nazionale di tubercolosi, di Aids, di tutta una serie di altre malattie come il morbillo. È addirittura riapparsa la poliomielite. E quindi, insomma, dal punto di vista sanitario, è un paese veramente a rischio. Perché, è evidente, c’è una guerra, ritorna una povertà generale, un’insicurezza diffusa. E non c’è più niente. Poi anche con il Covid hanno fatto pochissime vaccinazioni.

Rachel Love: [01:25:18] Un insieme di problemi gravi. Magari ti lascio riposare. Non ho detto all’inizio, ma sono qua con Franco Grillini, il 21 di aprile del 2022.

Franco Grillini: [01:25:34] Il 21, giorno della Fondazione di Roma. Oggi si festeggia la Fondazione di Roma.

Rachel Love: [01:25:43] Che bello.

Franco Grillini: [01:25:46] 700 anni avanti Cristo.

Rachel Love: [01:25:48] Sì, stiamo anche noi parlando di storia importante.

Franco Grillini: [01:25:53] Esatto.


Transcript of interview on 21 April 2022

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